martedì 30 aprile 2019

Recensione: Siracusa - D.Ephron 👍👍👍

"Le sorprese non arrivano dalle persone che conosciamo bene e certamente non da quelli che amiamo.
Le chiamiamo sorprese, ma sono  avvenimenti ineluttabili"






Trama: 
Due coppie vanno in vacanza insieme in Sicilia: Michael e Lizzie, raffinati newyorchesi, lui scrittore affermato e lei giornalista precaria; Finn e Taylor, lui ristoratore senza troppe pretese e lei donna glaciale e madre oppressiva, vengono dal Maine e viaggiano con la figlia Snow, una bambina strana e taciturna. Non si tratta di amici di vecchia data, anzi: la confidenza è scarsa. Un invito nato quasi per scherzo, durante una serata piacevole passata insieme, uno slancio di entusiasmo, e i quattro americani si ritrovano in vacanza insieme dall'altra parte dell'Atlantico. Ben presto spuntano gelosie e rivalità, bugie, attrazioni incrociate e antipatie neanche troppo celate. In una danza perfetta di luci e ombre, sotto il sole cocente di Siracusa cominciano a addensarsi zone oscure. Finché, a complicare ulteriormente le cose, spunta da lontano, ma si fa sempre più ingombrante, la presenza della giovane amante di Michael. E la vacanza prende una piega inaspettata... In un gioco di incastri congegnato in maniera sapiente, ognuno dei personaggi racconta la sua verità: quattro versioni diverse della stessa storia, che però inevitabilmente vanno a convergere verso un unico, tragico finale.


Delia Ephron ha una scrittura che scorre veloce, fatta di descrizioni dettagliate ma anche di dialoghi incalzanti  che mi hanno fatto immaginare il romanzo come un testo facilmente adattabile ad un film, non a caso la scrittrice è anche una famosa sceneggiatrice. Dopo aver chiuso l'ultima pagina mi sono ritrovata in mezzo ad un sentimento fatto di tristezza, malinconia e soprattutto inquietudine per il tragico finale di cui non anticiperò nulla.

Il romanzo è diviso in giornate quelle che i quattro "amici" trascorrono  durante la loro vacanza in Italia.  Tre giornate a Roma e quattro giornate a Siracusa. In ognuna di queste giornate a parlare sono i quattro protagonisti a cui è dedicato un capitolo. Michael e Lizzie sposati, Finn e Taylor anche loro sposati con la figlia Snow. Ognuno di loro racconta la sua versione dei fatti e degli eventi così che il lettore nel susseguirsi dei capitoli, passando da una versione all'altra,  riceve  quattro diverse immagini degli accadimenti e può forse ricostruire il quadro completo.
 

I personaggi non si limitano a raccontare gli avvenimenti, narrati con il senno del poi visto che ripercorrono gli eventi dopo il  rientro in America,  ma si lasciano  andare a delle vere e proprie confessioni sulla loro vita privata. E' così che scopriamo come si sono conosciuti Lizzie e Michael, Finn e Taylor,   come procedono i rispettivi rapporti, la vita nel matrimonio, quali sono le paure, le difficoltà, i segreti malcelati l'uno verso l'altro in un incrocio a quattro.

Più si va verso il finale più il lettore  costruisce dentro di sé i caratteri, le debolezze, scopre misteri di ognuno di loro.






Da subito ho avuto una predilezione per i capitoli in cui a parlare è Lizzie, tanto da ritrovarmi a fare il tifo per lei. Forse perché in Lizzie ho percepito il personaggio meno  drammatico e meno "colpito" dalle personali nevrosi o forse perché sembra essere l'unica, nonostante gli errori, a credere ancora nel rapporto di coppia.

Con Michael e Finn è stato difficile identificarmi probabilmente per il fatto implicito che sono uomini. Taylor invece è quella verso cui ho provato subito fastidio. Un fastidioso ruolo di madre ossessiva, ben descritto dalla Ephron. La  nevrosi di Taylor, una paura irrazionale e insana che rasenta la fobia, si riversa tutta sulla  figlia Snow, fagocitando il rapporto.

Mentre Snow, questa bambina sfortuna direi,   è rimasta per me una figura misteriosa, ambigua, di cui la scrittrice non ci lascia capire molto. Snow  a tratti è stata inquietante, in alcuni passaggi ha creato un'atmosfera di angoscia per i suoi silenzi, per gli atteggiamenti, per gli sguardi, un'angoscia che nasce da quel poco che lascia trapelare di sé e che ci fa percepire, anche se non vogliamo crederci fino alla fine, l'evento ineluttabile di cui sarà protagonista.

Tutto il romanzo, ben costruito, ruota intorno ad un tema: nei rapporti più importanti non ci sono mai sorprese bensì solo eventi inevitabili, prevedibili, ineluttabili, come dice la scrittrice  "Le sorprese non arrivano dalle persone che conosciamo bene e certamente non da quelli che amiamo. Le chiamiamo sorprese, ma sono  avvenimenti ineluttabili".


E sono proprio questi avvenimenti, che i protagonisti avrebbero dovuto prevedere e quindi prevenire, ad essere narrati con grande maestria regalandoci una lettura scorrevole ed a tratti misteriosa.

E voi lettori sarete in grado di leggere tra le righe, nei racconti di Michael, Lizzie, Taylor e Finn?







venerdì 26 aprile 2019

Tombolo: merletto goriziano - modello Fuselliamo nr 6 - Rivista 46 (2)

Il lavoro iniziato e postato qui continua. Work in progress:




Chiuso il fiandra a tre paia sono ripartita da questo con una palmetta che poi si apre nella grande foglia, così la chiamo io, che ho lavorato in due fasi diverse dividendola in due parti da una linea invisibile.



Prima il lato sinistro tutto eseguito a punto tela, poi il lato destro, lavorato con un bellissimo punto di fondo che deve essere eseguito seguendo attentamente lo schema fornitomi dalla mia insegnante, Antonella della Bella.






Una volta completata la foglia, con le dovute diminuzioni, si prosegue per tutto il bordo esterno, anche questo eseguito con un punto di fondo davvero divertente, con due trame che si scambiano.
Il bordo si chiude nell'altra foglia che andrà eseguita al contrario per chiudersi nella palmetta finale, ma qui ci devo ancora arrivare.









lunedì 22 aprile 2019

Letture: Théodore e Dorothée A. Postel 👍👍👍

"Non era affatto colpa loro se era finita, avevano fatto del loro meglio; era colpa della coppia assoluta, come certi prodotti industriali, era programmata per durare poco. 
Con Dorothée gli sembrava tutto diverso: erano al tempo stesso giovani e vecchi; non erano innamorati dell'Amore; sapevano annoiarsi insieme.“




Trama:
Théodore e Dorothée sono, a modo loro, una coppia perfetta, a cominciare dai nomi di battesimo, uno l'anagramma dell'altro. Lui programmatore informatico, lei insegnante impegnata da anni in un'ambiziosa tesi di laurea su un politico francese, sono giovani, belli, progressisti, e soprattutto si amano profondamente, al punto di compiere il grande passo e prendere una casa insieme, a Parigi. Eppure, la loro vita è un continuo interrogarsi: qual è il modo migliore di divertirsi? Che cosa si deve mangiare, e che cosa no? Che cosa fare del proprio corpo, e quanto prendersene cura? A cosa consacrarsi? È più giusto fondare una famiglia, lavorare, oppure arricchire la schiera degli «indignati»? Con il suo terzo romanzo, Alexandre Postel abbandona le atmosfere noir e metafisiche della «Gabbia» per dedicarsi all'anatomia di una coppia e delle sue dinamiche. E attraverso i suoi due protagonisti racconta, con partecipe ironia, un'intera generazione, in perenne attesa di una primavera che sembra sempre dietro l'angolo ma che non arriva mai. 



Ho chiuso l'ultima pagina di questo libro e sono rimasta meditabonda. 
Ci ho messo un pò per elaborare le sensazioni che la storia di Postel mi ha lasciato, le parole si sono sedimentate piano piano  dentro di me.

Durante la lettura ci sono stati due sentimenti contrastanti che si sono alternati:  sono stata infastidita, quasi da voler chiudere le pagine e mi sono ritrovata a  sorridere, divertita identificandomi con alcune descrizioni degli stati interiori dei due personaggi.

Postel dedica ogni capitolo ad un tema che riguarda sia la coppia nel loro essere, sia l'individuo che vive nella coppia come singolo.  I temi affrontati sono terreni e pratici: la scelta della casa dove abitare, la scelta di un'alimentazione più sana, decidere se prendere un gatto oppure no,  interrogarsi sulla famiglia, sul matrimonio, sui figli, decidere di circondarsi di bellezza e quindi cominciare a rivedere l'arredamento della casa, viaggiare, addirittura decidere di scrivere un libro insieme.

Lo scrittore ci fa sedere davanti a questa coppia e ci rende spettatori silenti sia delle decisioni condivise, sia del mondo interiore di ognuno di loro. Stiamo lì pagina dopo pagina, osservando fino a quando ... Opsss.... Ci identifichiamo con l'uno  o con l'altro, conil singolo o con la coppia.

Postel utilizza i personaggi per  offrirci le sue riflessioni e fin qui poco male, se non fosse  che in alcuni punti, secondo me, perde di vista la storia ed i personaggi, si stacca da tutto con il solo fine di dare spazio ai suoi pensieri e sono state queste pagine ad infastidirmi, le ho trovate eccessive, il romanzo sembra trasformarsi in un saggio.

Di contro riesce a darci delle descrizioni calzanti e magistrali della vita di coppia, ricordandoci che la coppia, appunto, è  l'unione di due individui che hanno vissuto una vita da singoli prima di decidere di vivere insieme.  
La relazione/reazione nell'incontro/scontro del singolo nella coppia è  il tema centrale del romanzo.
Realistiche sono le descrizioni delle azioni quotidiane di Théodore e Dorothée:

 "Théodore si offri di passare l'aspirapolvere. E mentre lui andava da una stanza all'altra, due auricolari bianchi nelle orecchie, jeans a vita bassa che doveva ritirare su ad intervalli regolari. Dorothée, in ginocchio lavava il pavimento del bagno sotto la luce tremolante dei faretti. Quando ebbe finito, sollevando la testa notò tra due piastrelle della cabina della doccia un principio di muffa.
Sospirò. Si erano trasferiti da appena quindici giorni, e già la sporcizia s'impossessava dei luoghi. Non era possibile vivere in un mondo senza polvere né muffe? Non meritavano uno scrigno più puro? Era chiedere troppo? Piombò nello sconforto. Andò a stendersi sul letto, sprofondando in cupi pensieri. C'era polvere ovunque, tornava sempre.." 

E mentre Dorothée precipita nei suoi pensieri e nelle sue profonde riflessioni: "coperta dal ronzio dell'aspirapolvere, la voce di Théodore le arrivava lontana, insistente:<<Che si mangia? Mi senti? Che si mangia?>>

Non è capitato anche a voi di vivere una situazione simile?

E ancora quando Théodore decide di comprare un materasso doublé nonostante l'elevato prezzo avesse fatto inorridire Dorothée al negozio.
Arriva il letto comprato in segreto e: "Dorothée era sembrata contenta, ma non quanto si aspettava Théodore, che per quel letto matrimoniale confidava in una fastosa cerimonia di inaugurazione"

Di contro dentro Dorothée succede ben altro: 
"Non amava le sorprese, tanto più se fatte da un uomo. Perché in quei casi si sentiva trattata da ragazzina, obbligata a battere le mani saltando al collo del suo benefattore. In fondo non volevano tutti la stessa cosa? Una bambola che li rassicurasse da mattino a sera..? Si ricordava di sua madre..."

Non è capitato anche a voi?







Ad un certo punto dopo la metà del libro ci rendiamo conto che sono passati diversi anni ed assistiamo ad un cambiamento nella relazione della coppia che passa  dall'iniziale scelta della casa dove vivere insieme il loro amore, dove ascoltano con incredulità i vicini che litigano, a litigare loro stessi in pubblico per il solo gusto di attaccarsi. 

"Le loro liti diventarono più frequenti e perfino sistematiche. Alla prima occasione, il frigo chiuso male, i capelli sparsi nel lavandino, un invito a cena, una dimenticanza, rispuntava l'ostilità... E le parole - all'inizio rare e lente come le prime gocce di un temporale, ma presto forti e abbondanti - le parole, riversate da chissà quale turbine intimo, distruggevano le scarpate, sgretolavano le pietre, s'infiltravano in tutto,"

"Ci prendevano gusto. Non solo queste scenate, elettrizzando un'ora o due, ingannavano la malinconia, ma erano fonte di un'energia singolare. Con la potenza di un liquore forte, la lite permetteva a ognuno di loro di riconquistare una sensazione di identità all'interno dell'insieme poroso e indistinto della coppia. Su questo piano, il culmine della soddisfazione era spettacolarizzare le loro diversità davanti agli estranei: niente li eccitava tanto né umiliava di più, di litigare in presenza di amici."

C'è un velo di tristezza nell'osservare le modalità con cui Théodore e Dorothée affrontano il passare del tempo e la loro apparente staticità, ma chi non l'ha provata?
Questa coppia rappresenta  l'evoluzione o meglio l'involuzione di tutte le coppie: l'euforia iniziale piano piano lascia spazio alla quotidianità che i due cercano di superare attraverso diversi escamotage: il cibo, i viaggi, le serie  tv, i viaggi, anche le liti.




Allora come sopravvivere al passare del tempo nella quotidianità? Postel, secondo me, ci da una sua risposta: "sapevano annoiarsi insieme".
La coppia rimane fedele a se stessa, anche nella noia nel passare del tempo, nelle liti, nel trovare i modi per affrontare l'abitudine e l'oblio che ne consegue.

Quando tornano da una vacanza con degli amici, quando si recano ad un matrimonio o quando vanno a trovare degli amici con una bambina piccola, in tutte queste occasioni in cui la coppia  si incontra con "altro" né nascono inevitabilmente delle domande: domande sul matrimonio, sulla famiglia, sui figli, sugli stili di vita, sul sesso. 
A queste domande Thédore e Dorothée rispondono  attraverso delle osservazioni che sono della coppia:

"Le osservazioni che si scambiavano avevano un punto in comune: per un verso o per un altro, tendevano tutte a sminuire la coppia in compagnia della quale avevano trascorso gli ultimi due giorni, a sottolinearne i limiti, a subodorare l'insoddisfazione reciproca. Questo li rinvigoriva, li giustificava."

Sembrerebbe quasi una chiusura, ed in effetti in un certo senso lo è, ma io trovo che sia un modo per preservare la coppia e se stessi. Non cerchiamo forse nell'altro un porto sicuro dove approdare? Non cerchiamo nella coppia una coesione di visione?
Non è successo anche a voi di tornare da una cena con degli amici e di commentare la serata trovando proprio in quei commenti una solidità, una  riconferma della coppia, con le sue regole, la sua intimità, il suo personale modo di vivere, in modo da giustificarsi e rinvigorirsi, come dice Postel. 

Che questa  scelta sia fatta per paura di evolvere in qualcos'altro, per evitare il confronto che comporta sempre un cambiamento e con il cambiamento nuovi equilibri,  che sia giusta o sbagliata,  questo non so dirlo, di fatto è una chiave  con cui Théodore e Dorothée  affrontano il passare del tempo insieme. 

Chiudo il lungo post con un ultimo brano del libro che ho trovato davvero poetico, perchè ci sono anche alcune pagine poetiche nella descrizione dell'intimità di questa coppia che ne rappresenta tante:

"Solo sulle uova non si trovavano d'accordo: Théodore le preferiva bazzotte. Ma anzichè dividerli, quella differenza consolidava la loro unione; la loro tenerezza germogliava nelle attenzioni reciproche per soddifasfare i rispettivi gusti: Théodore, dopo quattro minuti esatti toglieva dall'acqua le sue uova bazzotte che Dorothée, al tavolo del soggiorno, gli scgusciava scottandosi le dita, e tornava in cucina per aspettare ancora tre minuti prima di portare alla compagna due uova ben sode, insieme alla paprika con cui lei amava condirle.
Guardandosi negli occhi ognuno addentava nello stesso istante il proprio uovo, sodo e liscio  in un caso, molle e tremolante nell'altro."



martedì 9 aprile 2019

Letture: "L'uomo che metteva in ordine il mondo" Fredrik Bsckman


"... lei aveva chinato il capo contro il petto del marito e aveva sussurrato: <<Possiamo occuparci della vita, o possiamo occuparci della morte, Ove. Dobbiamo andare avanti>>
E così era stato."


Credo che non ci sia frase più adatta per riassumere questo bellissimo romanzo di uno degli autori  che più amo.


Le 300 pagine scritte magistralmente da Backman, come del resto l'altro suo libro che ho letto e amato "Mia nonna saluta e chiede scusa", sono un'alternanza continua tra la vita che scorre e la morte; ed è proprio nella morte che Ove cerca conforto, anzi la cerca a braccia aperte per arrivare il prima possibile all'appuntamento della sua vita: ritrovare la sua amata Sonja.

"Non era che Ove avesse smesso di vivere quando Sonja se n'era andata. Semplicemente aveva smesso di guardare avanti. Il dolore è una cosa strana." 

E' come se Backman avesse deciso di fare una staffetta tra la vita e la morte in un continuo passaggio del testimone. 
In un voltar di pagina si passa dal ridere di gusto delle battutte ironiche che Ove non risparmia a nessuno regalandoci degli sketch esilaranti:

 "perchè ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate"  

alla profonda tristezza di assistere ai vani tentativi di Ove di uccidersi per  liberarsi di quella vita che non ha più senso senza l' unica persona che lo abbia mai amato e capito: sua moglia Sonja.
"Ma qualcosa si rompe in un uomo, quando seppellisce l'unica persona che lo abbia mai capito. Non c'è tempo che guarisca quel genere di ferite."

Una tristezza delicata che pervade il lettore quando Ove si reca puntualmente sulla lapide della moglie per rassicurarla che non tarderà al loro appuntamento, che c'è stato movimento negli ultimi giorni e si è dovuto occupare di alcune cose e persone ma che non tarderà all'appuntamento con la morte. 
Mentre lei, la morte beffarda, si prende gioco di Ove. Gli ha portato via Sonja ma ancora non porta  con sè Ove, anzi ogni  suo tentativo di uccidersi si rivela vano.



Ed il tema della morte è un tema ricorrente nelle pagine scritte da Backman, anche l'altro libro "Mia nonna saluta e chiede scusa" inizia con una morte: quella della nonna.
Backman in entrambi i libri fa parlare  le persone  più sofferenti, quelle che hanno perso i loro amati: Elsa senza la nonna, Ove senza la moglie, offrendoci due personaggi indimenticabili.
Backman ci parla della morte, del suo mistero o come dice  lui della uaccuriosità:  
"Perchè la più grande paura legata alla morte è che ci passi accanto. Che si prenda chi amiamo. E che ci lasci soli".

Forse questa è davvero la paura più grande per noi perchè l'assenza di chi ci ha accompagnato nella vita, la perdita delle persone che ci sono accanto non solo crea un vuoto ma  ci ricorda chiaramente che la morte è un appuntamento  a cui non possiamo sottrarci. 

"La morte è una cosa curiosa. Viviamo tutta la vita come se non esistesse, ma il più delle volte è una delle ragioni in assoluto più importanti per vivere. Alcuni di noi ne diventano consapevoli così in fretta che vivono pù intensamente, e in maniera più furiosa. Altri necessitano della sua costante presenza per sentirsi vivi, altri ancora finiscono per accomodarsi nella sua sala d'attesa molto tempo prima che lei abbia annunciato il suo arrivo."




Ma non pensiate che visto il tema il libro sia pesante, tutt'altro. Ci sono pagine e pagine di una poesia e delicatezza infinita, sono le pagine in cui si parla dell'amore tra Ove e Sonja:

"La gente diceva che Ove e sua moglie erano come il giorno e la notte. Intendendo che lui fosse la notte, era ovvio."

"Perchè la gente diceva che Ove vedeva il mondo in bianco e nero. Ma lei era il colore. Tutto il suo colore."
 

“E una mattina, poco dopo aver staccato il turno, l'aveva vista. Con le sue scarpe rosse, la spilla d'oro e tutti quei capelli castani dorati. E quella risata che, per il resto della sua vita, lo avrebbe fatto sentire come se qualcosa gli corresse a piedi nudi dentro il petto. “


“Agli occhi di Sonja, però, Ove non era né burbero, né inquadrato e spigoloso. Per lei, Ove era il mazzo di fiori rosa lievemente avvizziti che lui le aveva offerto al loro primo appuntamento. Era la giacca marrone del padre, un po’ stretta sulle sue spalle larghe. “


“Quando gli accarezzava l'avambraccio,   che era grosso come la sua coscia, e gli faceva il solletico finché il viso imbronciato si apriva in un sorriso, come una forma di gesso che si spacchi e lasci fuoriuscire una scultura meravigliosa, qualcosa dentro di lei cantava. E quegli istanti erano solo suoi. “

“Adesso dovrai amarmi il doppio”gli aveva detto.
Allora Ove le aveva mentito, rassicurandola che
lo avrebbe fatto, malgrado sapesse molto bene
che era impossibile amarla più di quanto già faceva."

Alla fine la morte arriva per tutti, inevitabilmetne, ineluttabilmente, ma Backman ci offre quella che forse è l'unica soluzione per affrontare la perdita ed il dolore: "possiamo occuparci della morte o possiamo occupaci della vita."

A voi la scelta di scoprire quale decisione prenderà  Ove  decidendo di leggere questo straordinario romanzo per innamorarvene.