domenica 24 novembre 2019

Recensione: "Isola di Neve" di Valentina d'Urbano

Tengo molto a questa recensione perchè ho amato  "Isola di neve". La storia mi ha accompagnato ovunque, onnipresente nei miei pensieri. I personaggi si sono materializzati ed ho seguito pagina dopo pagina, con tante emozioni il dispiegarsi delle loro vite.
E' il secondo libro che leggo della d'Urbano, il primo è stato "Acquanera" e non mi ha deluso anzi ho rafforzato l'ammirazione verso questa giovane scrittrice romana che sa costruire delle storie cinematografiche, con una scrittura che cattura dalla prima all'ultima pagina.


Con i fili tra le mani





La trama qui


La scelta del libro:
Ho scelto un secondo libro della d'Urbano perchè avevo bisogno di una storia che mi facesse sognare sulla scia del penultimo libro libro letto "La casa delle Farfalle" di Silvia Montemurro.


Il mio punto di lettura:
Gli elementi che compongono il romanzo sono tantissimi e faccio fatica a mettere in ordine le idee per rendere una recensione che sia il più fedele possibile al mio pensiero.


La storia è ambientata su due isole gemelle nel Tirreno:  l'sola di Novembre e quella di Santa Brigida. 
La prima è aspra, dura, sferzata dal vento  dove la vita si misura costantemente con gli elementi della Natura con il mare, da cui gli isolani traggono il sostentamento attraverso la pesca. Gli abitanti adattati alla vita sull'isola sono  segnati sia nel fisico, invecchiati prima del tempo, con la pelle scura trasformata dal sole e dal mare sia nello spirito, sono essi stessi induriti, chiusi, a tratti feroci. 
L'isola di Santa Brigida, davanti a Novembre, è interamente occupata da un imponente carcere che disegna i contorni, le forme e da l'essenza stessa all'isola.  La prigione accoglierà un ultimo detenuto, Andreas, e poi sarà dismessa lasciando l'isola vuota, diventerà "un mostro dalle finestre buie" inglobata nella vegetazione, assaltata dal mare, in decadimento.

Le vicende sono narrate in due archi temporali  distanti. Il 1952 in cui troviamo  Neve e Andreas ed il 2004 con Edith e Manuel.
La scrittrice è bravissima a raccontare le due storie contemporaneamente alternando i capitoli, senza togliere nulla all'una o all'altra, dando il giusto spazio ad entrambre. Due storie parallele dove i quattro protagonisti seppur lontani nel tempo e nello spazio sono legati tra di loro ed il lettore piano piano tesserà la trama di questi legami.

Neve, diciassette anni  chiamata così da tutti, soprannominata Tempesta da Andreas, il cui vero nome sarà svelato alla fine   e Andreas, ventotto anni, un  violinista tedesco dal talento eccezionale che suona il violino nelle lunghe notti che trascorrerà nella  cella, sono i protagonisti della storia che si dipana dall'aprile del 1952, quando  Andreas arriva sull'isola di Santa Brigida  come prigioniero, all'ottobre dello stesso anno quando  viene trasferito a  Roma e poi Dresda perchè il carcere è in dismissione.
La d'Urbano ci racconta  la tenacia e la determinazione di Neve, nel voler vedere, conoscere, capire  il detenuto così diverso dagli uomini che le sono intorno e che vivono sull'isola. La prigione, le sbarre, l'isola di Santa Brigida  raggiungibile solo attraverso la barca, la ferocia del padre, i pregiudizi degli isolani su Andreas, non la fermano. 
Ci racconta i modi galanti e l'attenzione di Andreas verso questa ragazza, che non conosce ma che osserva con sguardo attento e ascolta con attenzione. 
Andreas e Neve sono i personaggi che ho amato di più. Lui per l'essenza romantica e decandente, lei per lo spirito indomito e libero.
La determinazione è un tema che emerge forte, attraverso le figure femminili, che ho ritrovato nel personaggio di  Edith, violinista tedesca di Dresda, che si reca sull'isola di Novembre nell'ottobre del 2004 per ricostruire la storia di Andreas e soprattutto per capire il mistero del violino di Andreas che non è tornato indietro a Dresda e che quindi, presumibilmente, non si è spostato da Santa Brigida.
Edith sull'isola conosce Manuel, arrivato nella casa dei nonni perchè scappato da un evento drammatico, ed insieme inizieranno le ricerche con non poca riluattanza  da parte di Manuel. 
Edith, come Neve, non si lascia intimorire dall'isola, dal carcere, dal mare, dagli abitanti ermetici, dallo stesso Manuel e va dritta per la sua strada:

"Se stai pensando che contavo su di te, sbagli. Io qui ci sono venuta da sola. Sapevo  che avrei dovuto adattarmi a fare cose nuove. Tu pensa agli affari tuoi, io imparo quello che c'è da imparare per conto mio. Meglio da sola che con gente che non fa altro che trattarmi male, dalla mattina alla sera."


La scrittrice accomuna i quattro personaggi attraverso alcune piccoli dettagli.
Edith e Neve sono donne determinate, forti, pronte ad accogliere senza pregiudizi.
Manuel e Andreas sono personaggi inizialmente ambigui, con un mistero da svelare, una storia passata da comprendere.
Tutti e quattro hanno tratti somatici simili, nordici, la stessa Neve, nata e cresciuta sull'isola ha lunghi capelli biondi che la distinguono completamente da tutti gli altri isolani, come se l'autrice avesse voluto distinguerli, renderli diversi perchè destinati ad affrontare l'oscurità che li circonda e le proprie paure.

Il mistero è un elemento sempre presente che la d'Urbano sa utilizzare magistralmente. In entrambi i romanzi letti  si viene  attratti dal bisogno di capire, di svelare i segreti e qui, in particolare l'ambienazione  dell'isola con il carcere decadente,  il violino di cui si sono perse le tracce, la musica suonata durante le notti insonni di Andreas, contribuiscono ad amplificare l'effetto nebuloso e misterioso. 

Consiglio vivamente la lettura di questo romanzo per lasciarsi cullare e trasportare dalla musica di Andreas nel buio della sua cella e scoprire la bellezza  che c'è oltre il buio.




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