martedì 9 ottobre 2018

Valtopina: reportage 3/3

Ad  un mese dalla mostra mercato di Valtopina chiudo il mio reportage dedicando il post ad un'artista che ho conosciuto proprio a Valtopina.

Le tele esposte  alla mostra  sono state per me una rivelazione come lo è stato il colloquiare con questa artista.

Le sue opere sono grandi tele in cui le arti si fondono nel vero senso della parola: sulla tela   l'artista disegna  l'opera, sopra inserisce una "garza" su cui poi ricama. Un lavoro lungo e paziente, come dice lei stessa: "
"Nel ricamare le mie figure ho avuto modo di avvicinarmi profondamente ai significati di parole quali attesa, cura,  rito, ritmo, respiro, ascolto, guarigione."

In molte delle tele che ho visto ci sono delle applicazioni di merletti, eseguiti a macchina, puntati in rilievo con gli spilli e ci sono delle parole che sono legibbili sono dal retro. Le tele diventano così fruibili sia dal retro che dal verso.




"Il filo ha una sua forza invisibile, silenziosa e imperturbabile dietro la quale si nasconde la narrazione e il mito delle nostre origini.

Con il filo ho ricamato ferite, tracciato volti, ho tessuto storie e trasformazioni, il filo è il segno che lega me stessa alla mia natura di donna e di artista.

È un viaggio interiore, è un diario intimo in cui ricamo il tempo dell’attesa, il dialogo infinito con la vita, alla ricerca di una continua metamorfosi, attraverso quel rito perenne del dipanare la tela."




Queste sono le foto che ho  fatto alla mostra ma se andate nel sito  troverete tanto, ma tanto di più: le opere, il senso della sua ispirazione ed il significato del suo lavoro. Tutte le figure sono "ritratti" di persone reali.

Alla mostra  al centro della sala di entrata c'era un grande rotolo di stoffa con narrate le vite delle persone che  si sono fatte ritrarre. Come una pergamena, ma una pergamena fatta di  stoffa e lettere ricamate. Un rotolo che raccoglie la testimonianza della Vita, in continua evoluzione. Come scrive lei stessa:

"Ho pensato ricamare un vecchio lenzuolo tessuto a telaio, ritrovato in un magazzino.
Un lenzuolo liso, macchiato dal tempo e forse anche dai suoi corpi avvolti.
Ho pensato di compiere un gesto infinito, inutile e invisibile, come la vita e la bellezza, che richiedono il nostro più grande sforzo per poter essere svelate."




Le parole dell'artista riportate in corsivo, tratte dal suo sito, sono state per me illuminanti.




"Ho iniziato a ricamare le mie opere nel 2007, dopo aver conosciuto Rosalba Pepi, una maestra di ricamo che ha accompagnato il mio sguardo verso un mondo che fino ad allora non avevo mai considerato potesse avere la stessa forza di un linguaggio artistico.
Da quel momento per me è cambiata la consapevolezza che attribuivo al significato di essere artista."





" Il filo è protagonista delle mie opere e lo intendo come metafora dell’identità della donna: l’origine del linguaggio femminile.
I luoghi nei quali avveniva la narrazione orale e il tramandare dei miti e delle storie, erano i luoghi della tessitura e del ricamo, perchè mentre tessevano, le donne raccontavano e tramandavano le gesta di uomini, eroi e divinità.
Per questo il filo si fa storia e memoria allo stesso tempo, ma anche identità, origine e relazione."


 

4 commenti:

  1. Conosco da tempo questa artista fantastica! ho visto per la prima volta le sue opere a Italia Invita a Parma già alcuni anni fa e me ne sono innamorata!
    Adoro questo tipo di arte. Grazie per il reportage cara Francesca!
    un abbraccio
    sabrina

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  2. Allora condividiamo lo stesso amore per l'arte. Grazie a te Sabrina.
    Un abbraccio.

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  3. È strano! Ma che bello!! Molto impressionante.
    Un abbraccio
    erba

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  4. In effetti alla mostra ho parlato con l'artista che mi ha spiegato la tecnica di esecuzione. Dal vero è tutto ancora più bello.
    A te.
    Francesca

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