domenica 28 luglio 2019

Recensione: "Sofia si veste sempre di nero" di P. Cognetti



Eccomi per il mio secondo appuntamento con la rubrica ideata da Chiara del blog "La lettrice sulle nuvole".  Una rubrica a cadenza mensile in cui si legge un autore o un'autrice per la prima volta.
Questa volta ho letto "Sofia si veste sempre di nero" di Paolo Cognetti  di cui avevo sentito parlare per aver  vinto il Premio Strega nel 2017 con "Otto montagne".

Due sono stati gli elementi che mi hanno portato a scegliere questa lettura: le diverse e contrastanti recensioni nel web e la copertina. Entrambe le cose mi hanno incuriosito ed alla fine la copertina ha avuto il peso maggiore sul piatto della bilancia, diciamo che forse per questa volta è stato il libro a scegliere me.





La trama qui



Cosa ne penso:

"Aveva addosso una felpa nera, pantaloni della tuta neri, i capelli rasati da un lato solo e l'orecchio sinistro bucherellato da una scarica di anellini d'argento. Era sottopeso di almeno dieci chili, con le vene che le incidevano il dorso della mano." 

Cognetti articola la narrazione in racconti che potrebbero essere letti  in modo casuale, ma è solo leggendoli tutti che si può ricostruire il puzzle del personaggio di Sofia e del mondo che ruota intorno a lei.

Ho fatto un po' di fatica a seguire l'evoluzione temporale  della vita di Sofia perché  le storie non sono organizzate in base al susseguirsi del tempo. Ogni capitolo è dedicato ad un personaggio che per un motivo parentale o lavorativo o sentimentale entra nella vita di Sofia e la racconta fornendoci un affresco  di questa vita, caotico e scollegato. 
Sofia non si racconta, sono gli altri a parlare di lei: "tutti sapevano che Sofia era stata un maschiaccio: la conoscevano dai racconti dei loro fratelli maggiori" 
Del resto lei non parla mai troppo, non mangia, non saluta, non chiude i rapporti, non ha una fissa dimora, l'unico posto dove si rilassa è nella vasca da bagno: "da quando sei senza fissa dimora, la vasca da bagno è l'unico luogo in cui, dovunque ti trovi, puoi chiudere gli occhi e sentirti a casa" e per un motivo ben preciso. 

La vita di Sofia è proprio come i racconti: apparentemente scollegata, un divenire continuo che anche nel finale non si conclude, lasciando aperte mille possibilità.
Solo il primo  racconto "Una storia di pirati" e l'ultimo "Brooklyn Sailor Blues" ci parlano di Sofia rispettivamente da bambina e da adulta. 

Non ho particolarmente amato Sofia, per questa sua continua disconnessione con la vita, o forse per l'intermittenza con cui ci viene offerta la sua storia. Diversamente ho apprezzato gli altri personaggi attraverso cui Cognetti descrive anche le vicende politico economiche e sociali dell'Italia degli anni 80 e 90.





C'è il papà Roberto, un uomo borghese che nasce e cresce, lavorativamente parlando, nella fabbrica dell'Alfa Romeo, che vede i lustri e la fine della casa automobilistica, che sarà assente nella vita della figlia:  "parla di tuo padre. Scrisse che lei suo padre non lo conosceva, perciò non era in grado di svolgere il compito, ma se andava bene lo stesso le sarebbe piaciuto parlare del suo cane" ma che comunque saprà essere più presente della madre, Rossana. 
A lei è dedicato il penultimo racconto "Le cose da salvare"
Durante la lettura ho a lungo atteso la sua storia. Questa madre che "faceva fatica a dormire. Durante il giorno era irritata ed irascibile. Passava il pomeriggio a letto e non dipingeva da mesi. Cominciò a vedere dei dottori, così in poco tempo l'umore di Rossana diventò il problema di Rossana e poi la malattia di Rossana.
Una madre fortemente depressa che minaccia, continuamente, di andare via. Prepara le valigie e poi le disfa, le prepara e poi le disfa Sofia, le prepara e poi rimane lì in quella casa borghese, con un sogno nel cassetto. 

L'altro personaggio ben caratterizzata è la zia di Sofia, Marta la sorella di Roberto, la cui vita ci viene racconta nel capitolo "Sofia si veste sempre di nero". 

Marta che lotta contro il potere dei pochi, contro i licenziamenti, per i diritti della  classe operaia, contro quel sistema dove il fratello Roberto, stava facendo carriera fino a diventare dirigente, uno di quegli uomini contro cui  Marta lotta. 
Marta non ha figli, non ha una famiglia ma è l'unica che sembra riuscire ad entrare in contatto con Sofia, Cognetti infatti ci dice parlando di Sofia che: "Marta era riuscita a fare breccia nella sua curiosità." 

In questo complesso affresco umano e sociale cresce  Sofia portando dentro la paura dell'abbandono e  di restare sola. Cresce in una stanza con due letti, "perché al momento di comprare i mobili i suoi genitori progettavano un secondo figlio".
Cresce con una madre "sofferente, una sonnanbula che vagava per casa cercando di cogliere un senso che le sfuggiva. Aveva quest'unico sollievo quotidiano: verso sera riempiva la vasca d'acqua calda, versava sali profumati e chiamava Sofia per il bagno. Lì dentro chiacchieravano lavandosi a vicenda i capelli e la, schiena. "



Il linguaggio e la costruzione della storia di Sofia sono affatto scontati.
Nel complesso ho apprezzato lo stile di Cognetti anche se dopo aver chiuso il libro non né sono rimasta particolarmente affezionata, del resto Sofia fa di tutto per non farsi amare.



Sopra i blog degli altri partecipanti alla rubrica, andate a dare uno sguardo.

La biblioteca del libraio
La lettrice sulle nuvole
Le mie ossessioni librose
Librintavola
Romance e altri rimedi
Tra le righe essenze di libri



lunedì 1 luglio 2019

Recensione: "Nel nostro fuoco" M. Chiulli

"Lei gli aveva detto che ogni cosa era possibile, che il dolore poteva anche diventare un bene, il preludio di una trasformazione, che il corpo serviva a proteggere il cuore, perché resisteva ai colpi e alla paura" 

Cosa ne penso:

Ringrazio il blog di Elena Giorgio  "la lettrice geniale", da cui traggo molti spunti di lettura, per avermi fatto conoscere questa autrice perché dopo aver letto la sua recensione ho messo il libro nella lista dei "da leggere" e dopo averlo letto ho inserito Maura Chiulli tra gli scrittori preferiti, tanto che ho già pronto un suo  secondo romanzo. 

"Nel nostro fuoco" è un libro che parla di dolore, di mancanze, di incapacità affettive, ma anche di riconciliazione con noi stessi, di accettazione e superamento del nostro passato, di possibilità. 
Tutto questo può avvenire solo attraverso una catarsi e l'elemento vivo che permette questa catarsi è il fuoco che diventa il protagonista insieme ad Elena e Tommaso, rendendo questo libro magico. 

La scrittura della Chiulli è viscerale, arriva direttamente alla pancia, alle emozioni. 
La scrittrice costruisce delle pagine dove non c'è mai una parola di troppo ed una di poco, fatta eccezione per le ultimissime pagine dove ho trovato troppo visionarie.



Tommaso ed Elena sono sposati e sono due personalità opposte. Ad unirli e dividerli una figlia, Nina, che sembra aver ereditato il peggio di ognuno di loro, che "non ha mai pianto, nemmeno una lacrima, nemmeno una smorfia, una possibilità...Era viva da qualche parte: nella culla, nel seggiolone, nel suo letto, ma poteva anche essere morta"
Nina richiede più amore e più impegno. Né è consapevole Elena che sa di essere una madre "ancora più necessaria e vitale di ogni altra madre". Tommaso invece rifiuta, a tratti nega l'esistenza di Nina e si comporta come i suoi genitori "incapace di offrirsi, di darsi, di mettere la sua vita al servizio di Nina... In breve diventò immobile come sua madre, un fantasma come suo padre" 

Durante la lettura ho vissuto in prima persona tutta la fatica emotiva di  un Tommaso  bambino che non ha voce "quindi non chiede, non soffre perché non grida".  
Un bambino che diventa un perfetto soldatino pronto a fare tutto quello che i suoi genitori gli chiedono, snaturando e tradendo la sua infanzia, la sua giovinezza, diventano adulto prima del tempo tanto da dire a sé stesso che è nato vecchio e tutto nella speranza  di guadagnare l'amore della madre, quell'amore che dovrebbe essere donato senza condizioni. 
Tommaso "continuò a cercare i corpi e le anime di quei due che lo avevano messo al mondo. Disperatamente, con convinzione, ogni giorno sognava di essere visto, autorizzato a vivere, consegnato alla libertà ed alla giustizia." 

Tommaso privato del tempo dei giochi cresce con una bestia interiore, un buco nero, un nodo irrisolto che lo portano ad una vita fatta di continue rese, senza provare neanche ad esserci, a vivere. 
Non prova a lottare contro quelle voci interiori che lo redarguiscono, lo boicottano, lo giudicano, non lo autorizzano mai a vivere, si arrende per l'appunto. 

Solo Elena riesce, per un po', a domare la bestia. 
Elena lotta per Tommaso e poi per Nina con pazienza, con tenacia, con il corpo, con solidità, sa comprendere, capire, perdonare, donare. Per lei "l'esistenza valeva la pena, aveva un peso specifico, una ragione solidissima." 
Solo lei, la donna drago, perché Elena è terrena, è viva, ha vissuto la catarsi sulla sua pelle, una catarsi emotiva e fisica attraverso il fuoco. Perché Elena è un mangiafuoco. 
Tommaso viene rapito da questa donna mangiafuoco durante uno dei suoi spettacoli.

Attraverso i due elementi terreni, il fuoco ed il corpo, custode, avviene la catarsi. 
Con il dolore fisico torniamo nella realtà, ci svegliamo dal torpore in cui cadiamo: "il dolore serviva solo a riportarla alla realtà. Era un bene che ogni tanto si facesse sentire" 

E secondo me  le pagine più originali sono proprio queste dove la Chiulli, mangiafuoco lei stessa, ci rende l'esperienza personale dell'incontro fuoco e carne che porta la trasformazione attraverso l'esperienza del sentire i nostri dolori.

A voi la scelta di scoprire e di vivere l'esperienza del fuoco catartico attraverso le splendide pagine della Chiulli.